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CIVIDALE. Un occhio alla storia, ai tempi in cui Cividale svettava nel panorama friulano e brillava quale «faro di fede e buon governo», l’altro alla contemporaneità e al domani imminente, che invoca «carità e apertura».
Dal pulpito del Duomo, circondato da un apparato liturgico che di per se stesso (sorvolando sul protagonista del giorno, lo stocco del patriarca) vale la fama della messa dello spadone, monsignor Diego Causero celebra con emozione il venticinquesimo della sua ordinazione episcopale ed esorta a «spalancare i cuori».
La messa dello spadone a Cividale
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A lui, in via eccezionale - proprio in ragione della ricorrenza appena citata -, il compito di presiedere la solennità dell’Epifania cividalese, che da 652 anni si contraddistingue per il ripetuto saluto verso celebranti e fedeli con lo spadone, appunto, appartenuto a Marquardo von Randeck.
«Contemplare il presepe – osserva l’arcivescovo – significa anche imparare a vedere ciò che accade attorno a noi. Questo vuol dire avere animo sensibile nei confronti di chi si trova costretto a vivere le pagine più difficili di questo periodo storico. Raccogliamo l’appello di papa Francesco ed estendiamo la nostra carità ai poveri, ai migranti, ai rifugiati, ai perseguitati», dice a epilogo di un’omelia focalizzata pure sulle «radici religiose e le tradizioni culturali dell’antica e nobile città di Cividale», custode di un rito «unico e sorprendente».
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«La spada sia strumento di protezione e giustizia, non di offesa», auspica metaforicamente il vescovo rivolgendosi alla folla di fedeli e alle autorità raccolti in basilica e copiosa, come nella migliore tradizione del 6 gennaio ducale.
Il resto della mattinata scivola sulle atmosfere del medioevo, sotto un rovescio a orologeria (proprio e giusto il tempo della sfilata in costumi d’epoca), che tuttavia non scoraggia il popolo di von Randeck e non crea delusioni, di conseguenza, fra il pubblico, spianata di ombrelli che riempie gli spazi compresi fra piazza Duomo, il ponte del Diavolo e Borgo San Pietro.
Ed è proprio da quest’ultimo - scelta suggerita dal meteo - che stavolta parte il corteo, sfilando in un’unica soluzione: ed è spettacolo, più ricercato e ricco che mai, un serpentone in cui lo sfarzo di mantelli, acconciature, armi e armature, destrieri bardati di tutto punto - davvero tanti, ed è una piacevole novità per tutti gli irriducibili della manifestazione - si accosta all’umile quadro popolano, a sua volta di fedele ricostruzione e prodigo di dettagli. A questo proposito, tra i tanti particolari, merita una menzione speciale un carretto ortolano che avrebbe certamente ispirato Arcimboldo.
Dalla carrozza patriarcale (e non è la sola: ne seguirà un’altra, questa di stampo nobiliare) il von Randeck dal nuovo volto, quello di Mago Ursus, dispensa saluti e impartisce benedizioni. Poco prima, nella frizzante attesa del debutto, il neo-Marquardo si era detto «felice dell’occasione».
«L’investitura a patriarca è un grande onore. E il mio impegno – aveva promesso – sarà alto»Fonte Messaggero Veneto
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